Lo scienziato dilettante olandese Anton van Leeuwenhoek, che visse alla fine del XVII secolo, era ossessionato dai dettagli della vita quotidiana. Leeuwenhoek studiava ogni cosa che gli passava per le mani nella sua casa di Delft, che fosse il pungiglione di un ape, una pulce o il suo stesso liquido seminale. Era particolarmente insteressato anche alle spezie da cucina e voleva capire l’origine del loro gusto. Dopo aver tenuto dei peperoncini nell’acqua per farli addolcire, li ha guardati al microscopio per cogliere le differenze, scoprendo la presenza di minuscole sfere dal dorso arrotondato. Ma c’era dell’atro: accanto ai peperoncini, Leeuwenhoek ha scorto dei microorganismi, dei batteri, i primi ad essere mai stati osservati. Cercando le ragioni del gusto piccante aveva inavvertitamente scoperto i confini di un nuovo mondo sino a quel momento passato inosservato. Il fotografo e scienziato Martin Oeggerli ha voluto seguire le tracce di Leeuwenhoek. Oeggerli usa microscopi molte volte più potenti di quello di cui disponeva Leeuwenhoek per studiare le stesse cose e ha fotografato uova di insetto, pollini e occhi di scarafaggi. Recentemente Oeggerli ha deciso di puntare i suoi obiettivi sulle spezie e le erbe aromatiche: rosmarino, lavanda, salvia, basilico e zafferano. Le sue immagini rivelano un mondo microscopico e lo ricostruiscono. Colora le sue foto in modo da mettere in evidenza alcune strutture lasciando che altre finiscano in secondo piano. I gialli e i rossi ci possono permettere di notare cose che altrimenti passerebbero inosservate, la sua tecnica esalta la bellezza, la chiarezza e il sublime. Il pepe nero, lo sappiamo, è piccante in quanto contiene una sostanza chimica chiamata piperina. In natura la piperina funziona come un pesticida, uccidendo o tenendo alla larga gli insetti e i funghi che potrebbero mangiare o danneggiare la pianta o i suoi frutti. Le stesse sostanze sarebbero dovute servire a mettere in guardia gli esseri umani, avvertendoli dei pericoli di una possibile ingestione, ma i nostri antenati hanno capito in realtà come gestirle e che assumendole in piccole dosi potevano essere persino piacevoli. Nel prendere in esame altre spezie, Oeggerli si è imbattuto in strutture che, come le sostanze chimiche presenti nel pepe, hanno a che fare sia con il loro sapore che con la loro vita in natura. L’aspetto delle foglie di rosmarino, lavanda, salvia e basilico sono strettamente legate alle loro necessità di riuscire a sopravvivere in natura. Molte erbe aromatiche si sono evolute nell’ambiente secco del Mediterraneo, dove caldo e siccitià rappresentano una minaccia continua. Per piante di questo tipo, ogni morso ad una foglia o allo stelo rappresenta un duro colpo e devono pertanto cercare di difendersi strenuamente. La peluria bianca sulla lavanda la difende dal bagliore del Sole e serve a trattenere l’acqua dall’evaporare troppo rapidamente. Il rosamarino e la salvia dipongono di armi simili. Per il basilico, invece, le cose stanno diversamente. Come la lavanda e la salvia, anche questa pianta appartiene alla famiglia della menta, ma non si è evoluta in ambienti secchi. La maggior parte delle specie di basilico impiegate in cucina provengono da ambienti tropicali umidi dell’Africa o dell’Asia. Per il basilico caldo e siccità non rappresentavano la peggiore minaccia e pertanto le sue foglie sono lisce e tenere. Oltre alla peluria, strutture che Oeggerli ha colorato in maniera più brillante, esistono piccole riserve di difese chimiche. Nel basilico hanno l’aspetto di bottoni color verde chiaro; su lavanda e salvia palloncini gialli o verdognoli; nel rosmarino palloncini gialli e protuberanze viola su steli bianchi. Dal punto di vista visivo la spezia fotografata da Oeggerli dall’aspetto più insolito è lo zafferano rosso, diversa da tutte le altre. Derivato da una specie di croco, è realizzato con una parte del fiore femmile su cui si posano gli insetti impollinatori, anche se non si sa di quali insetti si tratti e neppure perché i suoi stili siano completamente solubili in acqua, dando un meraviglioso colore alle nostre pietanze, e perché dispongano di sostanze chimiche capaci di donare ai cibi uno splendido sapore. Forse le sostanze chimiche responsabili del suo gusto servivano ad evitare che fossero mangiate dai grandi erbivori o forse il colore rosso serviva ad attrarre gli insetti. Ciò che sappiamo è che qualunque sia stato in passato l’insetto che impollinava questo croco ora non si osa più sul suo fiore o perlomeno non lo fa più allo stesso modo e che ad un certo punto nel corso della domesticazione i fiori maschi dello zafferano sono diventati sterili e attualmente sono prodotti per clonazione. Alcuni aspetti di ciò che ci Oeggerli ci mostra possono essere colti anche nelle nostre cucine. La peluria del rosmarino, della salvia e della lavanda possono essere percepiti anche dalla nostra lingua. E se ne strappate una foglia sentirete la fragranza volatile che se ne sprigiona.
Da un articolo di National Geographic
Foto di Martin Oeggerli
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